Cantina Zehnhof si erge sulla collina vitata di Roverè della Luna, nella Chiusa di Salorno, un territorio unico al mondo: una nicchia circondata dall’imponenza delle montagne, che riparano dai venti gelidi invernali e allo stesso tempo è attraversata dalle acque del fiume Adige, che donano energia e linfa alla vegetazione.
La vista si perde in ordinati vigneti allevati a pergola trentina semplice o doppia; un sistema di allevamento tipico della zona, che dà la possibilità ai grappoli di catturare tutti gli effetti benefici della luce e del calore del sole.
I terreni si trovano in un’area di passaggio tra il clima alpino e il clima più temperato tipico delle Prealpi; gli inverni non sono troppo umidi e le estati piuttosto miti. Questo permette alle uve di maturare in condizioni climatiche ideali, grazie a importanti escursioni termiche tra giorno e notte ed al frequente vento, tipico della zona, che impedisce l’insorgere di muffe.
La matrice calcarea e la tessitura franco-limosa del terreno costringono le radici delle viti a farsi strada nel suolo più profondo per cercare nutrimento, donando ai vini spiccate note minerali nel gusto e grande freschezza.
Cantina Zehnhof si erge sulla collina vitata di Roverè della Luna, nella Chiusa di Salorno, un territorio unico al mondo: una nicchia circondata dall’imponenza delle montagne, che riparano dai venti gelidi invernali e allo stesso tempo è attraversata dalle acque del fiume Adige, che donano energia e linfa alla vegetazione.
Le prime testimonianze risalgono all’ epoca precristiana, come testimoniato dal ritrovamento, nel 1859, di un capitello dedicato a Saturno, il dio romano dell’abbondanza e dei raccolti. Roverè della luna e i suoi vigneti sono poi menzionati nell’atto con cui Enrico II, re di Boemia e avvocato vescovile, concedeva nel 1327 a nobili tirolesi alcuni terreni boschivi, affinché venissero coltivati a vigneto sulla collina di Aichholz, divenuta in seguito in italiano Roverè della Luna.
Inoltre, nel Seicento il pittore e scrittore itinerante Max Sittich von Wolkenstein descrive l’Aichholzer Lagrein come una varietà di uva dai grossi acini, dalla quale si ottiene un ottimo vino rosso.
Le prime testimonianze risalgono all’ epoca precristiana, come testimoniato dal ritrovamento, nel 1859, di un capitello dedicato a Saturno, il dio romano dell’abbondanza e dei raccolti. Roverè della luna e i suoi vigneti sono poi menzionati nell’atto con cui Enrico II, re di Boemia e avvocato vescovile, concedeva nel 1327 a nobili tirolesi alcuni terreni boschivi, affinché venissero coltivati a vigneto sulla collina di Aichholz, divenuta in seguito in italiano Roverè della Luna.
Inoltre, nel Seicento il pittore e scrittore itinerante Max Sittich von Wolkenstein descrive l’Aichholzer Lagrein come una varietà di uva dai grossi acini, dalla quale si ottiene un ottimo vino rosso.